Continuiamo ad utilizzare il termine intelligenza artificiale per descrivere una disciplina che al momento ha molto poco da condividere con il significato della parola intelligenza. Approfondiamo questo concetto.
Il termine intelligenza artificiale fa riferimento a due concetti molto differenti tra loro: il primo è l’intera disciplina tecnologica di ultima generazione, basata sulla replica dei processi mentali umani complessi. Il secondo è il primo gradino evolutivo1 di tale disciplina. Il problema è che, almeno in questo momento, il termine intelligenza non è realmente rappresentativo dell’attuale condizione in cui operano queste tecnologie.
Intelligenza: che cosa è
Il termine intelligenza viene dal latino intelligere che significa “intendere”. La Treccani fornisce la seguente definizione:
Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento.
Fonte: Treccani
Gia in questa definizione ci si può rendere conto che l’intelligenza non è limitata all’esecuzione di processi bensì alla loro comprensione, ossia alla loro disamina in un contesto anche di astrazione. Certamente, per far ciò , l’essere umano adotta (e adatta) le sue conoscenze, la cui parte elementare è la nozione, ma dispone anche di un’ulteriore fattore molto meno razionale quale è l’intuito. Entrambi questi elementi si concentrano in un livello molto più compresso che tendiamo a descrivere con la parola esperienza. In esso i legami logici vengono accostati senza un’immediata visibilità benché poi essi possano essere rivelati con un’analisi più attenta e dettagliata. La stessa Treccani, inoltre, espone una definizione interessante di intelligenza in ambito cibernetico:
In cibernetica, i. artificiale (traduz. dell’ingl. artificial intelligence), riproduzione parziale dell’attività intellettuale propria dell’uomo (con partic. riguardo ai processi di apprendimento, di riconoscimento, di scelta)
Fonte: Treccani
Si tratta quindi una riproduzione, ossia di una copia e non di un processo autentico, per lo meno non in questa prima fase di evoluzione.
Ragioni di sostanza e ragioni marketing
Il nome è quindi fuorviante ma ha certamente un ottimo impatto a livello di marketing e comunicazione: il termine intelligenza artificiale suscita una serie di reazioni emotive all’interno del pubblico a cui difficilmente si può fare a meno se si vuole vendere un prodotto di questo tipo. Per quanto complessi, gli attuali algoritmi di intelligenza artificiale ruotano intorno a nozioni e processi predeterminati, non vi è una reale “comprensione” delle parole, non vi è la capacità di elaborare concetti astratti. All’utente finale sembra di assistere ad uno straordinario risultato: quello di una macchina in grado di dialogare con un essere umano e quello di eseguire compiti anche piuttosto complessi. In realtà, andando a scomporre questi compiti, vi è un intricato complesso di nozioni e istruzioni “e nulla più”. Ciò non rende meno importante la tecnologia in questione: in ambito sanitario, ad esempio, sta rivelando la sua utilità giorno dopo giorno. Tuttavia è bene concentrarsi sul significato della parola intelligenza, perchè essa significa qualcosa di più.
Linguaggio moderno e intelligenza artificiale
Nell’epoca moderna si è affermata una cattiva prassi, quella di stabilire concetti esatti dietro le parole: in sostanza significa che si prova ad attribuire a parole come intelligenza un significato ben definito ma nella realtà questo non è sempre possibile. Si tratta di un processo di esemplificazione estremo che sta portando gli individui a considerare che dietro una parola ci sia un significato, per lo più identificabile e parametrizzabile. In un’intervista2 rilasciata da Carlo Sini, il filosofo dice chiaramente al riguardo:
Bisogna smetterla di pensare che dietro le parole ci siano le cose, che anche la parola intelligenza dica che cos’è l’intelligenza perché evidentemente l’intelligenza è un complesso di funzioni, di eredità, di simbiosi…
Ossia la parola intelligenza descrive aspetti tutt’altro che singoli, definiti, specifici, bensì definisce contorni più complessi e per certi versi più astratti. D’altro canto la visione di Sini è molto meno vendibile sul mercato: come spiegare ad un consumatore cosa sia l’intelligenza artificiale se questa è, già di per sè, molto meno identificabile in una cosa, in un prodotto, in un elemento finito? La riduzione compiuta dal marketing, che talvolta esige una estrema esemplificazione rischia di creare un risultato finale fuorviante.
Ma se quella attuale non è vera intelligenza artificiale, cosa può essere definita tale? Nel 1949 il professor Jefferson3, affrontando il discorso sull’autocoscienza delle macchine, scrisse:
Jefferson introduce alcuni aspetti indubbiamente complessi: il concetto di emozioni provate e il requisito che l’esecuzione intelligente avvenga non per giustapposizione casuale di simboli. Eppure l’aspetto più importante della definizione di Jefferson è che l’intelligenza artificiale, per essere paragonata a quella umana, non si limiti a scrivere ma sappia di aver scritto. In questo concetto c’è tutta la complessità di cui si sta parlando.
Potremmo anche menzionare il teorema di Godel per affrontare il tema dell’intelligenza artificiale e dell’autocoscienza delle macchine. Il teorema prevede che in un sistema di calcolo potente possono essere generati enunciati che, al contempo, non possono essere provati o confutati all’interno del medesimo sistema, a meno che lo stesso non sia contraddittorio.
Quello di cui parla Godel è, essenzialmente, lo sviluppo del pensiero critico. Per poter provare la tesi, infatti, il sistema dovrebbe necessariamente contraddirla con un’antitesi efficace e realistica.
Linguaggio, Logica e Calcolo
Gli studi di John Von Neumann, seppur condotti intorno al 1950-1960, si sono dimostrati molto precisi e oggi alimentano gran parte delle teorie e dei calcoli moderni. Essenzialmente sappiamo, grazie a Von Neuman, che il cervello non è una macchina seriale e pertanto, seppur battuta in velocità dal computer moderno, è in grado di primeggiare sulla complessità di calcolo. Questo è possibile grazie alla capacità di parallelizzare le risorse di calcolo sinaptico in un modo che la macchina, al momento, non riesce ad eseguire.
Tuttavia, nonostante la precisione riguardo le stime eseguite di Von Neuman, vi è un altro aspetto da considerare: il calcolo è una creazione umana e non segue un criterio di diretta efficienza, bensì “soffre” di alcuni aspetti tipici del linguaggio.
È opportuno comprendere che il linguaggio è in gran parte un fatto storico accidentale […] in essi non vi è nulla di assoluto e necessario. […]Allo stesso modo è ragionevole supporre che persino la logica e la matematica siano forme di espressione altrettanto storiche e accidentali.
Fonte: “Computer e cervello“, J. Von Neuman, il Saggiatore (2021), Pg. 138
Il processo di mutazione del linguaggio è inesorabile e chiaramente segue lo sviluppo sociale: a tal proposito è molto interessante ciò che scrive la Prof.ssa Vera Gheno in merito.
Le lingue non sono altro che uno strumento per comunicare: noi e quello che ci sta intorno cambiamo continuamente e quindi anche la lingua ci serve in una realtà che cambia. Dobbiamo abbracciare i mutamenti, perché se una lingua smette di cambiare va a morire, che è quello che è successo a molte lingue.
Fonte: “”Giovani e social stanno cambiando l’italiano. Ma non è un male”. La linguista spiega perchè”, articolo di Duccio Tronci, pubblicato su Firenze Today in data 16/09/2021, link all’articolo.
La logica, come il linguaggio, potrebbe subire mutazioni radicali nel tempo che potrebbero cambiare la modalità con cui vengono approcciati gli attuali problemi di calcolo.
Complessità e razionalità del linguaggio
La nostra lingua discende dal greco antico e dal sanscrito. Il greco antico è una lingua sofisticata, raffinata, piena di sfumature da applicare alle varie situazioni. Apparentemente non c’è efficienza in questo. Siamo abituati a pensare che l’efficienza si ottiene riducendo lo sforzo e massimizzando il risultato, che l’efficienza è nella semplificazione, non nella complessità.
Certamente la nostra lingua potrebbe non essere efficiente ma sicuramente risulta efficace. L’essere umano pensa in base alle parole che conosce: più parole sono conosciute e più l’essere umano è in grado di formulare pensieri complessi. Fino a quando un giovane non conosce le operazioni matematiche, non è in grado di compiere né un’addizione, né una sottrazione, eppure possiede la potenza di calcolo per poterle eseguire. La storia e l’evoluzione sono un elemento essenziale per la modifica del linguaggio, della logica: tra l’altro è opportuno far notare che il termine “logica” discende dal greco “logos (λόγοσ)” che vuol dire parola ma anche computo.
Emulazione
In qualche testo e articolo in materia di intelligenza artificiale, si è utilizzato il termine emulazione. Un esempio è quanto scritto da Ilya Auslender, assegnista di ricerca al Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento. Bisogna riflettere su questo termine perchè è interessante il risultato finale. Il concetto di emulazione esiste in informatica con un significato preciso:
L’intelligenza artificiale emula il funzionamento del cervello. Pertanto si può usare nel processo inverso per capire alcune funzioni del cervello, fino ad un certo livello di accuratezza, sulla base dei dati sperimentali derivanti dall’analisi di una rete neurale artificiale.
Prof. Ilya Auslender “L’intelligenza artificiale per capire il cervello umano”
In informatica l’emulazione è la capacità di riprodurre e trasferire la capacità di calcolo di un sistema primario, all’interno di un sistema secondario che prende il nome di emulatore. Perchè questo riesca, tuttavia, è necessario un requisito essenziale: che le prestazioni del sistema secondario siano uguali o superiori a quelle del sistema primario. In caso contrario il sistema secondario non potrebbe “ospitare” con efficacia l’emulazione del sistema primario che risulterebbe troppo potente. Al di fuori dell’informatica, il termine emulazione trova comunque spazio:
Cercare di eguagliare o superare altri in opere meritevoli di apprezzamento.
Fonte: Treccani
L’intelligenza artificiale di cui al momento disponiamo non eguaglia quella umana, nè la supera ma ne emula una parte limitata a specifici compiti alla base dei quali vi sono una considerevole quantità di calcoli e di raffinate elaborazioni. Un’illusione? Non esattamente.
Più che un’illusione si potrebbe definire un’emulazione parziale dei processi cognitivi umani in cui lo scopo non è la replica dell’intelligenza (concetto per l’appunto astratto e molto esteso), bensì la replica artificiale di gruppi di processi cognitivi specifici. Indubbiamente ciò non deve sminuire l’enorme lavoro alla base di tale procedura, ma nemmeno deve lasciar intendere che la mente umana possa essere “ingabbiata” all’interno di qualche milione di linee di codice.
Conclusioni
L’intelligenza artificiale, al momento, non può definirsi realmente intelligente nonostante gli enormi sforzi profusi per garantire una complessità di calcolo e una raffinata e stupefacente esperienza d’uso; questo è necessario chiarirlo senza volerne sminuire l’importanza. Il confronto tra un cervello umano e uno artificiale è tra gli argomenti più interessanti delle neuroscienze (e non solo) ma deve essere inquadrato in un’ottica di cooperazione e non di sostituzione. Se la società moderna sarà disegnata dall’uomo e supportata adeguatamente dalla tecnica (equazione che si spera di non invertire mai), vi sarà sempre un bilanciamento tra il mondo umano e quello artificiale.